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Vari motivi (e diverse riflessioni personali) per vedere al cinema il Maigret di Patrice Leconte

Quando frequentavo la scuola di cinema, mi recavo in sala per vedere la proiezione di un film almeno 2 volte alla settimana: al mercoledì con gli altri allievi dei corsi di produzione, ripresa ed edizione e al sabato, per conto mio. Parlo di sala perché all’epoca la cinematografia era ancora analogica ed i cosiddetti “multisala” non erano nemmeno stati progettati. Andare al cinema era un rito collettivo che poteva essere consumato anche singolarmente ed in ogni caso era un avvenimento e un’occasione stimolante, anche soltanto per uscire di casa e sprofondarsi in una poltrona al buio in mezzo a tanti sconosciuti e vedere la pellicola proiettata su uno schermo magari ampio 12 metri per 5. Le alternative per guardare un buon lungometraggio erano: il film trasmesso al lunedì sera dal Primo Canale della Rai; oppure: inserire una videocassetta nel videoregistratore VHS, ma in entrambi i casi la qualità della visione era pessima e per nulla paragonabile a quella di una pellicola da 35mm proiettata al cinema. Col tempo le differenze tra il piccolo schermo e il grande schermo si sono attenuate sempre più; il cinema ha finito per assomigliare alla televisione nei contenuti e nella serialità e la televisione ha mutuato tecnologie digitali sia nella ripresa, nel montaggio, nell’edizione e nella qualità generale del prodotto, per cui spesso ci accontentiamo di starcene appartati a casa nostra per fruire di un racconto audiovisivo che scegliamo tra una vastissima proposta tra le più svariate piattaforme commerciali e culturali che ormai intasano le nostre vite sempre più virtuali. Vale ancora la pena di complicarsi la serata, o il pomeriggio, e andare a comprare il biglietto di uno spettacolo cinematografico per gustarsi una proiezione fuori dalla nostra comfort-zone casalinga? Un mio amico un po’ particolare va al cinema tutti i giorni e vede anche più di un film al giorno; ha acquistato una tessera che gli permette di pagare il biglietto ridotto per le sale di proprietà dell’Anteo di Milano e con 5,50 vede i film come un pascià. Alex, praticamente vede tutti i film che escono ogni stagione, ma lui è speciale, è un […]

Si realizza il sogno di Carlo Boggio Ferraris e torna in vendita un orologio Oisa con un movimento meccanico italiano

OISA 1937 torna sul mercato grazie a Locman, dopo 44 anni di assenza. Ieri ho partecipata all’evento di presentazione della nuova serie di orologi Oisa 1937 di cui ci eravamo interessati in anteprima a Radio Atlanta Milano in una trasmissione del 24 marzo 2021: Orologi Vintage Investimento Calcolato o Anacronismo? L’ ambientazione è stata delle migliori e non poteva essere altrimenti, visto che la festa per il ritorno del marchio OISA 1937 si è svolta alla grande proprio in corso Como al numero 10, nello spazio sottostante a quello che un tempo è stato il primo laboratorio dove venivano fabbricati, montati e controllati gli orologi milanesi. Col tempo questo marchio è diventato sempre più conosciuto e apprezzato dai collezionisti italiani e forse è proprio questo fatto che ha contribuito a rilanciare Oisa 1937 ed a permettere di trovare un’importante collaborazione tecnica-commerciale con Locman. Avere una maison italiana che costruisce orologi è sempre stato un vanto, ma adesso finalmente è anche una realtà grazie al sogno del nipote di Domenico Morezzi e a chi lo ha ascoltato; sarò ripetitivo, ma tra loro ci siamo anche noi di Radio Atlanta Milano, che evidentemente abbiamo portato fortuna al simpatico e creativo Carlo. Non vogliamo dire che Carlo sia un ragazzo di altri tempi, ma effettivamente quando un uomo già in età da pensione ha un progetto, non sono in molti a dargli credito o a prenderlo sul serio, eppure nel caso del nostro sognatore tutto sembra essere andato per il verso giusto. Oltre allo stile italiano e all’interessante tecnica che ricalca e migliora gli orologi degli anni ’40, la fantasia degli ideatori di questa nuova collezione ha rivoluzionato il mondo dell’orologeria. Oisa 1937 ha inserito anche un codice QR come NFT nel meccanismo che funge sia da garanzia di autenticità che da pagina che riporta gli interventi tecnici, le revisioni, i proprietari e tutta la storia di quel singolo pezzo, sì proprio quello che avete comprato Voi! Anche Bulgari, nello stesso tempo, ha intrapreso questa strada con il suo Octo Finissimo Ultra ed è forse uno dei pochi casi in cui l’orologeria svizzera si avventura affrontando una novità […]

Paris Nice, la corsa a tappe alla ricerca del sole diventa un difficile banco di prova per gli atleti immuni al virus

All’inizio degli anni ’30, Albert Lejeune era un uomo di successo. Dirigeva due autorevoli quotidiani, molto diffusi in Francia, uno di essi era Le Petit Journal con sede a Parigi; l’altro era Le Petit Niçois con sede a Nizza. Entrambi i giornali, oltre ad un folto pubblico di lettori attiravano anche molti inserzionisti, ma evidentemente il loro direttore voleva renderli ancora più popolari. Albert Lejeune cercava evidentemente di avere un ulteriore ritorno pubblicitario che mettesse ancor più in luce i suoi giornali (Le Petit Jornal di Parigi era il quarto quotidiano nazionale per numero di lettori) e poiché a quel tempo, l’interesse per il ciclismo era immenso, pensò di organizzare una gara ciclistica. André Leducq, Antonin Magne, Georges Speicher, René Vietto erano i grandi protagonisti dello sport nazionale. Le loro imprese sulle strade del Tour de France incantavano e la loro attività non si interrompeva neppure all’arrivo dell’inverno, quando gli appassionati andavano a vederli correre nei velodromi cittadini. In tutta Europa, le gare di un giorno da città a città abbondavano, mentre le corse a tappe erano molto più rare. C’era ovviamente il Tour de France e il Giro d’Italia (il Giro di Spagna nacque solo nel 1935) e altri due eventi della durata di 8 giorni durante i quali i piloti francesi spiccavano: il Giro della Catalogna e il Giro dei Paesi Baschi. Ricordiamo che Le Petit Journal è stato uno dei primi giornali a sostenere il ciclismo. Nel 1891 il suo editore Pierre Giffard iniziò la corsa Parigi-Brest-Parigi. Lejeune ha avuto l’idea di una gara per rivaleggiare con le gare di sei giorni in pista, utilizzando le strade per offrire ai lettori più drammaticità e sofferenza, inoltre Lejeune voleva collegare le sedi dei suoi due giornali con una corsa ciclistica innovativa che all’inizio della primavera avrebbe portato i ciclisti dalla fredda Parigi al Sud della Francia, verso il mare e il sole. Albert Lejeune pensò di invitare i migliori ciclisti dell’epoca; dopo aver ricevuto diversi rifiuti, finalmente qualcuno accettò, tra questi i francesi Georges Speicher, Benoît Faure, Raymond Louviot e Maurice Archambaud e l’italiano Francesco Camusso. Soltanto una ventina di ciclisti decisero di partecipare a questa nuova […]

Come la fantascienza concorre a creare un nuovo senso religioso nell’uomo contemporaneo

La letteratura fantascientifica può essere un mezzo per preparare le masse a cambiamenti storici molto importanti? Per molti intellettuali la scrittura di anticipazione è vista soltanto come un genere adolescenziale, un’accozzaglia di fantasie che fanno perdere tempo teorizzando nuovi mondi, nuove civiltà e sovente, specie nei più recenti romanzi cyberpunk, preconizzano un pericoloso sviluppo della tecnologia, oltre che una visione oppressiva di un modo di vivere sempre più distopico e angosciante. Il non voler prendere sul serio quello che viene scritto in questi libri può però essere la grande forza di questo genere letterario che a molti sembra soltanto un atto ricreazionale o di evasione, mentre potrebbe essere visto anche come un veicolo per far accogliere alle masse l’arrivo di nuove verità. Cerchiamo di riflettere se effettivamente la fantascienza può condizionare le masse ad accettare le visioni future che si potrebbero prospettare come possibili e come possa modificare il senso religioso nell’uomo. Ci sono molte teorie a questo riguardo. Il processo di sottile e graduale suggestione è denominato “programmazione predittiva”. “La programmazione predittiva potrebbe funzionare mediante la propagazione dell’illusione di una visione infallibilmente accurata di come apparirà il mondo nel futuro”. Questo almeno è quanto afferma  il ricercatore alla Bentley University Michael Hoffman, secondo il quale questo genere letterario è fondamentale nell’indottrinamento della popolazione; ma quanto la progettazione del futuro è programmata e quanto invece la letteratura fantascientifica potrebbe interpretare un sentimento comune di quanto starebbe davvero per accadere? Soprannominata anche “inevitabilismo fantascientifico” da Hoffman, la programmazione predittiva è analoga a un virus che infetta i suoi ospiti con la falsa convinzione che sia inutile resistere al controllo centrale dell’establishment, oppure postula un’alternativa controculturale a tale controllo che è in realtà una contraffazione, proveniente segretamente dall’establishment stesso. Altre idee di Hoffman sono che l’annerimento (inquinamento) della terra è inevitabile come l’entropia; che l’estinzione (intesa anche come “evoluzione”) della specie è inevitabile. Le idee, spesso contagiose, potrebbero pertanto essere instillate attraverso la circolazione di documenti che funzionano come un richiamo di massa sotto le spoglie della letteratura fantascientifica. Una volta compresi ed assimilati a livello psicocognitivo, questi messaggi diventerebbero profezie che si autoavverano e verrebbero abbracciate per […]

Le ragioni che hanno scatenato l’Operazione Militare Speciale del Cremlino spiegate da Ramzan Akhmatovich Kadyrov

“Se un combattimento è inevitabile, devi colpire per primo” V.P. Questa è una frase del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin che ci fa comprendere come la situazione geopolitica attuale possa essere molto grave. È stata citata da Ramzan Kadiyrov, il combattente ceceno figlio del Presidente della Cecenia morto nel 2004. Ecco che con le sue parole ci spiega le ragioni delle azioni militari russe che forse ci stanno preannunciando l’inizio della Terza Guerra Mondiale, mentre in Italia i politici discutono del prezzo della benzina. Sono passati più di 30 anni dalla fine della Guerra Fredda. È stato davvero tanto tempo fa. I ricordi di quell’epoca, come un vecchio cinegiornale, emergono con colori sbiaditi, suoni ovattati e manufatti caratteristici di un film danneggiato dagli anni. Tuttavia, il 1991 sarà la fine definitiva di una pacifica convivenza. Ho solo 15 anni. E quello che io e la mia gente dovremo passare non mi viene nemmeno in mente. Siamo cittadini dell’URSS, in cui non c’è divisione in nazionalità, dove tutti sono fratelli l’uno per l’altro e la “quinta colonna” sul passaporto non significava assolutamente nulla. La città di Grozny è grande e pacifica, il cui simbolo era la pianta Krasny Molot. Ettari di aree industriali, dove il lavoro non si fermava per un minuto. I lavoratori sono semplici lavoratori sovietici: ceceni, russi, ingusci, ucraini, ebrei, georgiani, armeni e tutti gli altri rappresentanti dell’orgoglioso popolo sovietico, che perseguivano un solo obiettivo: glorificare il glorioso nome ceceno Inguscezia, fornendo prodotti che sono stati orgogliosamente incisi “Made in Grozny” in tutti gli angoli remoti della nostra patria. Tale era la mia bellissima e amata Grozny, che tra poco sarà dipinto con i colori scarlatti del sangue dei civili. È da allora che questi guai riguarderanno ciascuno di noi, indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione e dal luogo di residenza. La guerra è arrivata a casa mia. E ogni giorno dovevamo prendere decisioni difficili. Decisioni che sarebbero semplici se il loro esito riguardasse solo me e la mia famiglia. Ma quando il destino di un’intera nazione dipende dalla tua parola, allora arriva una chiara consapevolezza e comprensione del termine […]

Le conseguenze dei vaccini sui nostri corpi sottili e sulla nostra evoluzione spirituale

Abbiamo già sentito molti “teorici della cospirazione”, o meglio, persone preoccupate per la loro salute fisica, allarmarsi per gli eventuali effetti negativi che i vari vaccini anti Covid 19 potrebbero avere sul nostro organismo, o sui corpi debilitati di chi ha già in corso altri tipi di patologie, perché come è ampiamente risaputo, gli effetti collaterali di un farmaco possono moltiplicarsi o sommarsi nel caso si assumano più tipi di farmaci. È ciò che comunemente è conosciuto come: “Effetto Cocktail”. A questo proposito, per molte persone in là con gli anni o con patologie pregresse si è parlato dell’aumento del rischio di coaguli nel sangue, flebiti, ictus, miocarditi, aborti spontanei, sterilità, impotenza o perfino di morte. La lista delle patologie che potrebbero essere introdotte o causate dalla somministrazione esagerata di farmaci e vaccini è però molto più lunga. Ultimamente, per nostra fortuna, c’è anche chi si sta preoccupando dei possibili effetti negativi che i vaccini potrebbero causare a livello molto più sottile, ovvero a livello spirituale, oltre che al nostro benessere psichico. Con la campagna vaccinale ancora in corso, possiamo affermare che circa il 85% della popolazione italiana oltre i 5 anni d’età è entrata in contatto almeno una volta con il vaccino e ciò significa che se per qualche disgraziata ragione il vaccino dovesse avere qualche effetto non previsto sulla popolazione umana, ben poche persone sarebbero esenti dall’avere conseguenze fisiche o spirituali dall’aver assunto sostanze che sono ancora poco conosciute in quanto protette dal segreto del brevetto commerciale. Lo scorso anno, nell’ottobre del 2021, un libro di Thomas Mayer intitolato: “Inoculazioni contro il Coronavirus dal punto di spirituale, loro effetti su anima, spirito e vita dopo la morte” inizia a prendere in considerazione anche le conseguenze che certe scelte hanno sulla nostra vita e su certe nostre decisioni e comportamenti, poiché sappiamo che ogni scelta etica può avere ripercussioni sul nostro karma, anche dopo la nostra morte. Nel libro in questione, il ricercatore tedesco Thomas Mayer riporta chiaramente le sue ricerche sugli effetti della vaccinazione sull’anima e sullo spirito, ma anche sulla vita dopo la morte. Per questo, ha raccolto le esperienze […]

Roger Waters: la NATO sta aiutando i neonazisti ucraini ad alimentare la guerra e a provocare massacri

La diciannovenne ucraina Alina Mitrofanova, fan dei Pink Ployd e di Roger Waters, ha recentemente scritto una lettera all’artista inglese, nella speranza che questi contribuisse con le sue parole a sensibilizzare l’opinione pubblica occidentale per fare pressione sui propri governi a decidere di espandere la guerra a tutto il pianeta schierando militarmente e attivamente le forze della Nato contro la Confederazione Russa. Roger si è dimostrato molto saggio ed ha spiegato alla ragazza come la violenza vada sempre evitata. Di seguito troverete la lettera di Alina e la risposta di Roger. Ciao! Mi chiamo Alina Mitrofanova, ho 19 anni e vivo in Ucraina. Oggi il mio paese sta resistendo all’invasione russa e alla vera guerra iniziata dal presidente russo e guidata dall’esercito russo. Sono un grande fan dei Pink Floyd e di Roger Waters, ed è stato molto importante per me ascoltare l’opinione di Roger su tutta questa situazione. Può non sembrare così urgente e critico, perché questa guerra può essere considerata solo come il “nostro problema”, ma purtroppo diventa rapidamente una catastrofe per l’intera Europa e per il mondo intero. La guerra è iniziata 11 giorni fa e ogni giorno sentiamo sirene che segnalano bombe lanciate dagli occupanti russi. L’aggressione della Russia distrugge il MIO Paese, uccide centinaia di adulti e bambini innocenti nel MIO Paese, e non posso spiegare quanti ucraini siano costretti a lasciare le loro case e scappare da questa follia. Le città ucraine orientali vengono distrutte dall’esercito russo, centinaia di migliaia di persone stanno evacuando e stanno diventando profughi e il loro numero aumenta ogni minuto. Soffro, come molti altri ucraini, perché fa molto male vedere come il MIO Paese diventi un obiettivo militare per la Russia e il suo leader pazzo, convinto che ci siano dei “neo-nazisti”, che devono essere uccisi. È assolutamente falso, perché vivo qui e posso dire al 200% che non ci sono persone del genere lì! Chiedo a Roger di parlare pubblicamente di questa guerra, perché ancora non riesco a capire come una persona, che ha scritto un numero significativo di testi contro la guerra, non abbia ancora parlato di tragedia. Inoltre, comprendo […]

La supremazia strategica e tecnologica russa ha indotto Putin ad un intervento militare in Ucraina prima che la NATO minacciasse Mosca con nuovi missili a due passi da casa sua. Ne parleremo con Nicolai Lilin

“L’America deve capire che la sua egemonia è finita. Adesso è il momento del dragone cinese; i russi e la vecchia Europa devono essere lasciati in pace. Noi civili dobbiamo ripudiare le guerre come è scritto nella costituzione italiana.” Nicolai Lilin Il mondo è diventato un luogo sempre più strano dove vivere: i veterani dei campi di battaglia che conoscono le insidie della guerra si esprimono con parole sagge e cercano di far capire, a chi non li conosce, quali siano i pericoli delle armi; mentre politici, affaristi e uomini senza scrupoli, spinti dall’avidità per guadagni smisurati sobillano eserciti e popoli sull’orlo del baratro nucleare. Personalmente, già due anni fa, in occasione della diretta del 19 marzo 2020: “Paure, Complotti & Virus” ebbi l’impressione che il mondo si stesse preparando ad andare in guerra con schieramenti di forze non ancora del tutto chiari, ma che sembravano coinvolgere Russi e Cinesi contro l’Occidente. Ricordo che in quel periodo Donald Trump in modo prepotente ed un po’ sprezzante stava organizzando “esercitazioni” in Polonia, a ridosso dei confini bielorussi e dava fiato ai motori dei bombardieri strategici Northrop Grumann B2 Spirit di stanza in Portogallo. Il luogo su cui si concentravano le attenzioni della NATO era la striscia di terra nota come Suwalki Gap (tra Polonia e Lituania), un tratto di terra lungo circa 65 chilometri, da sempre conosciuto per essere difficile da difendere. La Suwalki Gap unisce Kaliningrad alla Bielorussia e rappresenta l’unico collegamento terrestre che consente di trasferire gli approvvigionamenti militari nei Paesi Baltici dalla Polonia e dagli altri membri della NATO. Nel marzo del 2020, in molti ci chiedemmo perché nonostante la pandemia di Covid 19 in corso non sia stato possibile rinviare quelle esercitazioni che hanno coinvolto circa 70’000 soldati provenienti da USA; UK; Polonia; Romania e Croazia. Qual era lo scopo di quei movimenti di truppe? Di solito le grandi manovre militari hanno varie finalità: dalla prova di muscoli allo schieramento preventivo di forze che possano dissuadere il nemico a fare certe mosse, oppure ad avvisarlo che si è a conoscenza del fatto che si sta preparando ad agire su un determinato territorio. Naturalmente, […]

Stefano Polesello; Daniele Palmulli e l’On. Chiara Braga sono gli ospiti della seconda parte dello Speciale Pfas di RAM

A Radio Atlanta Milano abbiamo deciso di approfondire il discorso sulle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) per sensibilizzare i nostri ascoltatori e, possibilmente, la maggior parte degli italiani, perché la presenza di questi composti di sintesi è diffusa in tantissimi prodotti industriali, alimentari, e in molti altri manufatti che quasi nessuno sospetterebbe. Recenti studi hanno dimostrato la contaminazione ambientale da queste sostanze nocive nell’acqua di alcuni territori del Veneto, del Piemonte, della Toscana e della Lombardia. Tali sostanze organiche, note anche come perfluorati, risultano impiegate nelle aziende chimiche che producono derivati del fluoro e che nello specifico rappresentano la fonte della contaminazione ambientale suddetta. I perfluorati sono sostanze caratterizzate dalla presenza di una catena alchilica idrofobica completamente fluorurata nella molecola, generalmente costituita da 4 a 16 atomi di carbonio, e da un gruppo idrofilico. La particolare struttura di queste molecole e il forte legame tra fluoro e carbonio le rende particolarmente resistenti al degrado, pertanto i composti PFAS presentano un’elevata persistenza ambientale e capacità di bioaccumulo con effetti tossici sull’uomo di varia natura. I PFAS fanno parte della famiglia di sostanze definite come “interferenti endocrini” in quanto in grado di alterare gli equilibri ormonali; sono inoltre considerati contaminanti chimici emergenti, segnalati come “prioritari” da organismi nazionali ed internazionali. L’elevata idrosolubilità motiva la diffusa presenza di queste sostanze nell’acqua, che rappresenta quindi un importante veicolo di contaminazione. La legislazione riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano (D.Lgs 31/2001) non prevede il controllo di queste sostanze, per le quali quindi non sono stati fissati valori limite di concentrazione; tuttavia la protezione della qualità delle acque prevede anche il rispetto di elementi chimici non espressamente considerati dalla normativa, che possono rappresentare potenziali fattori di rischio. Il caso dei perfluorati è per noi molto interessante e ci risulta per lo meno curioso che in Italia  non esista una regolamentazione per le concentrazioni massime tollerabili per l’acqua potabile di PFOA e di PFOS ; mentre sono già state state fatte prese decisioni a livello nazionale da paesi come: Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi. Nel nostro paese, sulla base delle indicazioni dell’EFSA (Autorità Europea per […]

Milano Moderna è un libro di testi e immagini che documenta i mutamenti dell’architettura di Milano dal 1947 al 2021

Edito da 24 ORE Cultura, dal 2 dicembre è in libreria “Milano Moderna. Architettura, arte e città 1947-2021”, il volume di Fulvio Irace che riprende il nucleo dell’ormai storica e introvabile pubblicazione “Milano Moderna” (1996), allargando la pionieristica ricerca sull’architettura della ricostruzione nella Milano del secondo dopoguerra alla nuova città di inizio millennio, con un rigoroso approccio critico e interpretativo. Pubblicato originariamente nel 1996 per Federico Motta Editore, grazie al decisivo contributo di Enrico Baleri che ne condivise l’entusiasmo e l’impianto, “Milano Moderna” voleva essere un omaggio alla forza di Milano, alla sua capacità di proporsi, nelle contingenze più difficili del suo sviluppo, come laboratorio di una cultura non convenzionale, pragmatica e anti-ideologica, che si apprezza sia nell’efficacia dei singoli edifici che nel carattere di una diffusa e colta coralità. Il successo del libro si può misurare dalla risposta degli studiosi e dall’interesse dei lettori, che in breve tempo videro esaurita la prima edizione, rendendolo inaccessibile sul mercato. 24 ORE Cultura ha deciso così di ripubblicare il volume in una versione rivista e allargata a comprendere l’intera portata delle trasformazioni che hanno caratterizzato il costruirsi di una nuova città negli ultimi due decenni. Appariva chiaro allora, infatti, ed è apparso ancora più evidente oggi, che il tema principale del libro sta nella definizione dei mutevoli concetti dell’idea stessa di modernità, un contributo – come afferma Fulvio Irace – “alla capacità della metropoli lombarda di proporsi come laboratorio di una cultura non convenzionale del cambiamento”. L’ossessione di “essere assolutamente moderni” è infatti il motore che caratterizza Milano già all’indomani dell’Unità d’Italia, a partire dalla costruzione della sua celebre Galleria, che rimise in moto il cuore di piazza Duomo e avviò la profonda ristrutturazione del centro. Nel 1881 l’Esposizione Nazionale ne consacrò il ruolo di capitale industriale, così come l’Expo del 2015 ne ha rilanciato il carisma di città mondo. “Non perdono tempo questi birboni – scriveva Emilio De Marchi nel romanzo “Demetrio Pianelli” – non hanno ancora il gas che già vogliono la luce elettrica; non hanno ancora finito una casa che già la buttano giù per farne una più grande […]