Vintage

Gli Alterbej 2023 diventano una piacevole tradizione

Quest’anno sul Cavalcavia Bussa si svolge la 15a edizione della fiera degli Obej Obej Alternativi, gli Alterbej, la fiera che raduna artigiani creativi votati al recupero di oggetti che ormai hanno terminato il loro ciclo di vita, come parti meccaniche logore espiantate da vecchie biciclette, automobili, lucidatrici degli anni ’50 e tanti altri marchingegni obsoleti; oggetti che nella loro nuova funzione diventano belli e affascinanti al punto da essere messi in mostra sul corpo umano come moderni bijoux, oppure per fare bella mostra in casa e trasformarsi in lampade e altri oggetti da arredo in stile cyberpunk. Parti elettroniche sfruttate che anziché andare al macero prendono le forme più strane e talvolta diventano un po’ sconcertanti ma finiscono immancabilmente per impreziosire corpi di umani di tutte le età. Una delle idee più ingegnose è stata messa in pratica da un ragazzo romagnolo del faentino che converte le teste delle vecchie chiavi in medagliette di metallo su cui si possono incidere il nome o gli altri dati relativi al proprio cane. C’è chi commercia piante, semi, oli essenziali, ghirlande natalizie, dischi usati, CD, libri usati, segnalibri misteriosi semipreziosi, vino, miele, focacce e torte salate, cappellini di lana fatti a mano, cappotti usati arricchiti da grafiche spaziali, pelletteria, borse artigianali, cinture, giochi per bambini, macchine da cucire usate, fotocamere e cineprese degli anni ’30… Sul cavalcavia Bussa c’è di tutto e ognuno sarà in grado di trovare l’oggetto introvabile o la sorpresa che non si sarebbe mai aspettato di cogliere altrove e forse nemmeno di immaginare che potesse esistere. Il popolo senza padroni degli artigiani e dei banchetti del mercatino di Natale più bello di Milano ha sempre tempo di spiegarti dove ha trovato un coltello tuareg un po’ arrugginito o perché puoi star sicuro che nessuno ti sta tirando un bidone. C’è perfino chi, come Luca mi ha spiegato come fare il sapone fatto in casa. Per ottenere Kg 1 di sapone si parte da gr 1000 di olio d’oliva extravergine, ma visto i costi attuali dell’olio di qualità e l’inesperienza di chi come me non ha mai provato prima ad ottenere […]

Si realizza il sogno di Carlo Boggio Ferraris e torna in vendita un orologio Oisa con un movimento meccanico italiano

OISA 1937 torna sul mercato grazie a Locman, dopo 44 anni di assenza. Ieri ho partecipata all’evento di presentazione della nuova serie di orologi Oisa 1937 di cui ci eravamo interessati in anteprima a Radio Atlanta Milano in una trasmissione del 24 marzo 2021: Orologi Vintage Investimento Calcolato o Anacronismo? L’ ambientazione è stata delle migliori e non poteva essere altrimenti, visto che la festa per il ritorno del marchio OISA 1937 si è svolta alla grande proprio in corso Como al numero 10, nello spazio sottostante a quello che un tempo è stato il primo laboratorio dove venivano fabbricati, montati e controllati gli orologi milanesi. Col tempo questo marchio è diventato sempre più conosciuto e apprezzato dai collezionisti italiani e forse è proprio questo fatto che ha contribuito a rilanciare Oisa 1937 ed a permettere di trovare un’importante collaborazione tecnica-commerciale con Locman. Avere una maison italiana che costruisce orologi è sempre stato un vanto, ma adesso finalmente è anche una realtà grazie al sogno del nipote di Domenico Morezzi e a chi lo ha ascoltato; sarò ripetitivo, ma tra loro ci siamo anche noi di Radio Atlanta Milano, che evidentemente abbiamo portato fortuna al simpatico e creativo Carlo. Non vogliamo dire che Carlo sia un ragazzo di altri tempi, ma effettivamente quando un uomo già in età da pensione ha un progetto, non sono in molti a dargli credito o a prenderlo sul serio, eppure nel caso del nostro sognatore tutto sembra essere andato per il verso giusto. Oltre allo stile italiano e all’interessante tecnica che ricalca e migliora gli orologi degli anni ’40, la fantasia degli ideatori di questa nuova collezione ha rivoluzionato il mondo dell’orologeria. Oisa 1937 ha inserito anche un codice QR come NFT nel meccanismo che funge sia da garanzia di autenticità che da pagina che riporta gli interventi tecnici, le revisioni, i proprietari e tutta la storia di quel singolo pezzo, sì proprio quello che avete comprato Voi! Anche Bulgari, nello stesso tempo, ha intrapreso questa strada con il suo Octo Finissimo Ultra ed è forse uno dei pochi casi in cui l’orologeria svizzera si avventura affrontando una novità […]

Busto Arsizio in Vinile: una fiera del disco vintage aperta a tutti

L’Associazione 33&45 è lieta di riaccendere i giradischi e alzare il volume per la nuova edizione della festa della musica in vinile più importante della zona. Con il patrocinio del Comune di Busto Arsizio, all’interno del porticato del cortile del Municipio di via Fratelli d’Italia n.12, vi invitiamo al ‘Busto Arsizio in Vinile’, domenica, 20 giugno 2021, dalle 10:00 alle 19:00. L’obiettivo rimane la promozione della cultura musicale in tutte le forme e supporti tecnici, senza alcun limite o confine: una festa in cui cultori, hobbisti e collezionisti presenteranno il proprio materiale, in tutti i generi e formati. L’intento è proprio quello di soddisfare ogni palato: dal più raffinato collezionista, al curioso appassionato, anche DJ e producers; dal maniaco di seconda mano, a chi è sempre in cerca di buoni affari: troverete tonnellate di supporti audio, vinili e materiale fonografico, CD e DVD, libri, oggettistica, rarità e memorabilia. L’evento si terrà nel rispetto di tutte le norme di sicurezza in materia di contenimento dell’emergenza da Covid-19, con controllo agli accessi, contingentamento e percorsi obbligati alla mostra. Evento a ingresso gratuito, adatto a tutta la famiglia e con conferma anche in caso di maltempo. Si invitano i partecipanti a portare i propri dischi per scambiarli con gli espositori. Quando: domenica 20 giugno dalle ore 10 alle 20. Dove: A Busto Arsizio (VA), in via fratelli d’Italia n. 12, all’interno del cortile del Municipio di Busto A. Ingresso: gratuito Per informazioni chiamare il numero: 3888262495

Orologi Vintage e canoni di bellezza, le riflessioni di un collezionista

Non mi sento di parlare di canoni di bellezza di un vintage perché dipendono da fattori dettati esclusivamente dai gusti personali. Riferendomi a quello che vendo, per esempio, mi sono accorto che molti considerano bello un orologio oversize; altri lo preferiscono piccolo, oppure c’è chi lo vuole solo dorato… Chi solo color argento… E così via. Non si possono stabilire dei “canoni”, ma piuttosto cercare di considerare quello che ti trasmette un oggetto particolare. Io ho i miei gusti chiaramente, ma quello che maggiormente mi affascina e comunque condiziona la scelta dell’acquisto, è l’idea dell’antico, della storia che l’orologio reca con sé; per questo sono disposto ad accettare anche le piccole imperfezioni e prediligo un orologio vissuto ad un pezzo nuovo, fondo di magazzino, anche a parità di periodo di costruzione. La mia origine in questo campo, è nel collezionismo. E per come interpretavo io la cosa, non mi importava tanto la qualità, quanto la quantità. Soprattutto all’inizio. Desideravo un pezzo purché fosse antico e meccanico… Era sufficiente trovare un orologio vecchio per indurmi all’acquisto, tanto che in passato ho comprato orologi davvero orrendi. Però l’emozione derivava nel vedere su un banchetto “l’orologio vintage”. La bellezza non era un parametro. Chiaramente, nel tempo ho affinato i gusti e quindi le mie scelte, rifiutando per esempio quei pezzi che risultavano poco “coevi”; tipo quadrante rifatto ma cassa consumata. Oppure una cassa nuova di zecca su un quadrante troppo vissuto, e così via. Nella storia dell’orologio interpretavo queste incoerenze come “manomissioni” che ne falsificavano la sua storia; era un fatto che mi disturbava. Questo modo di vedere le cose mi è rimasto anche ora che non solo riparo gli orologi, ma anche li restauro; se non riesco a mantenere una originalità spinta scelgo di utilizzare l’orologio come donatore per parti di ricambio. Concludendo: la bellezza per me è l’emozione di combinare qualcosa che piace per la sua originalità, senza tenere conto assolutamente del valore commerciale, quindi del mercato. Francesco Carbone Per saperne di più ascoltate il podcast: Orologi vintage: investimento calcolato o anacronismo?

Domenico Morezzi, il milanese che per 30 anni vendette orologi agli svizzeri

Nel 1937 Domenico Morezzi ha fondato la OISA (Orologeria Italiana Società Azionaria)  a Milano in viale Regina Margherita; poi trasferì i sui laboratori in viale Bligny, 28 ed in seguito ha fondato la FAAO (Fabbrica Italiana Abbozzi Orologeria) con sede in corso Como, 10. Domenico studiò e si diplomò orologiaio a Bienne, in Svizzera. Quando tornò in Italia portò a Milano la tecnologia per fare i movimenti meccanici degli orologi; in OISA ha progettato e costruito diversi calibri, 10& 1/2 , 6&3/4 x8 e tanti altri che vennero montati su orologi di vari i marchi come OISA, XEMEROS, YARI. In FAAO ha progettato 7&3/4, 10&1/2, 11&1/2, 13 linee; tutti ottimi movimenti ad ancora da 17 o 19 rubini, antichoc (Incabloc), oltre al 10&1/2 di cui esisteva anche una versione più economica a coppiglie (gupilles). Fabbricando i pezzi alla FAAO commercializzò altri suoi marchi tra cui: LA PONSINE, LA TORASSE, DAMENTZ, DAMIETZ, CHATELARD e altri; oltre a produrre orologi finiti col marchio dei clienti, ad esempio il NACAR. La figlia e il nipote, Carlo Boggio Ferraris, hanno proseguito l’attività di Domenico Morezzi per 10 anni dopo la morte del fondatore di OISA, fino al 1978, anno in cui la concorrenza degli orologi elettronici e delle meccaniche a basso prezzo stavano avendo la meglio su molti costruttori indipendenti; era un mercato in forte cambiamento. Domenico Morezzi è stato il primo e unico italiano a progettare e costruire in ogni sua parte orologi completi in Italia; i suoi prodotti erano di fascia media ed anche alcune aziende svizzere montavano i movimenti italiani che furono costruiti in circa 4’000’000 di pezzi ed adesso sono piuttosto ricercati dai collezionisti. Per saperne di più ascoltate il nostro podcast: Orologi vintage: investimento calcolato o anacronismo?