Interferenti endocrini

Crolla ogni dubbio sugli effetti cancerogeni dei PFOA, mentre i PFOS sono fortemente sospettati di provocare neoplasie (PFAS)

Da uno studio condotto da 30 scienziati provenienti da 11 nazioni presso l’IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) di Lione e pubblicato su Lancet lo scorso mese di novembre emergono delle certezze: l’acido perfluoroottanoico PFOA provoca il cancro negli esseri umani e negli altri esseri viventi e l’acido perfluoroottansolfonico PFOS potrebbe dare a breve gli stessi risultati. Il PFOA è stato classificato come “cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 1) sulla base di prove “sufficienti” di cancro negli animali da esperimento e di prove meccanicistiche “forti” negli esseri umani esposti a tale sostanza. L’evidenza di cancro negli animali da laboratorio si è dimostrata “sufficiente” perché in uno studio di Buona Pratica di Laboratorio (GLP) è stata osservata una maggiore incidenza di una combinazione appropriata di neoplasie benigne e maligne in entrambi i sessi di una singola specie. L’evidenza meccanicistica era “forte” negli esseri umani esposti perché si è scoperto che il PFOA induce alterazioni epigenetiche ed è un immunosoppressore. Inoltre, sono state rilevate prove “limitate” di cancro negli esseri umani per quanto riguarda il carcinoma a cellule renali e il cancro ai testicoli. Il PFOS è stato classificato come “possibilmente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 2B) sulla base di prove meccanicistiche “forti”. L’evidenza per il cancro negli animali da esperimento era “limitata” per il PFOS, e l’evidenza per quanto riguarda il cancro negli esseri umani era “inadeguata”. PFOA e PFOS sono sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS) che hanno avuto un uso molto diffuso in applicazioni industriali e prodotti di consumo a causa della loro idrofobicità e lipofobicità, proprietà tensioattive e stabilità chimica. Il PFOA è stato ampiamente utilizzato nella produzione di fluoropolimeri. Le applicazioni per fluoropolimeri e PFOA includono rivestimenti superficiali resistenti a macchie, olio e acqua su prodotti per la casa, tappeti, tessuti e imballaggi alimentari; prodotti per la cura personale; sigillanti; rivestimenti per cavi e fili; e materiali da costruzione. Il PFOS ha alcune applicazioni sovrapposte al PFOA, come nelle cere, nei tappeti e negli imballaggi alimentari, ed è stato utilizzato anche per realizzare dispositivi di imaging, semiconduttori, coloranti e inchiostri, nonché nei processi di fotolitografia e galvanica. Il […]

Stefano Polesello; Daniele Palmulli e l’On. Chiara Braga sono gli ospiti della seconda parte dello Speciale Pfas di RAM

A Radio Atlanta Milano abbiamo deciso di approfondire il discorso sulle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) per sensibilizzare i nostri ascoltatori e, possibilmente, la maggior parte degli italiani, perché la presenza di questi composti di sintesi è diffusa in tantissimi prodotti industriali, alimentari, e in molti altri manufatti che quasi nessuno sospetterebbe. Recenti studi hanno dimostrato la contaminazione ambientale da queste sostanze nocive nell’acqua di alcuni territori del Veneto, del Piemonte, della Toscana e della Lombardia. Tali sostanze organiche, note anche come perfluorati, risultano impiegate nelle aziende chimiche che producono derivati del fluoro e che nello specifico rappresentano la fonte della contaminazione ambientale suddetta. I perfluorati sono sostanze caratterizzate dalla presenza di una catena alchilica idrofobica completamente fluorurata nella molecola, generalmente costituita da 4 a 16 atomi di carbonio, e da un gruppo idrofilico. La particolare struttura di queste molecole e il forte legame tra fluoro e carbonio le rende particolarmente resistenti al degrado, pertanto i composti PFAS presentano un’elevata persistenza ambientale e capacità di bioaccumulo con effetti tossici sull’uomo di varia natura. I PFAS fanno parte della famiglia di sostanze definite come “interferenti endocrini” in quanto in grado di alterare gli equilibri ormonali; sono inoltre considerati contaminanti chimici emergenti, segnalati come “prioritari” da organismi nazionali ed internazionali. L’elevata idrosolubilità motiva la diffusa presenza di queste sostanze nell’acqua, che rappresenta quindi un importante veicolo di contaminazione. La legislazione riguardante la qualità delle acque destinate al consumo umano (D.Lgs 31/2001) non prevede il controllo di queste sostanze, per le quali quindi non sono stati fissati valori limite di concentrazione; tuttavia la protezione della qualità delle acque prevede anche il rispetto di elementi chimici non espressamente considerati dalla normativa, che possono rappresentare potenziali fattori di rischio. Il caso dei perfluorati è per noi molto interessante e ci risulta per lo meno curioso che in Italia  non esista una regolamentazione per le concentrazioni massime tollerabili per l’acqua potabile di PFOA e di PFOS ; mentre sono già state state fatte prese decisioni a livello nazionale da paesi come: Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Paesi Bassi. Nel nostro paese, sulla base delle indicazioni dell’EFSA (Autorità Europea per […]